REPORTAGE GIAPPONE: viaggio in un tempo sospeso

Un viaggio in Giappone è un’esperienza strana, avvolgente, a volte estraniante, che in un modo o nell’altro sorprende e ogni tanto stordisce. Questo perché il Giappone gira esattamente al contrario rispetto al sistema culturale di valori dell’Occidente, più precisamente orbita attorno ad un altro sole, illuminato da una luce differente, meglio ancora se filtrato in “bianco&nero”.

Per capire il Giappone è necessario spingersi oltre il vaneggio dei sensi, occorre muoversi dentro quest’universo contorto, ma prima di tutto, tocca scardinare il proprio punto di vista di viaggiatori occidentali, che altrimenti ci renderebbe impossibile intendere lo strano sincretismo che permea la mente dei giapponesi.

“Come una sorta di straniamento, il viaggiatore cammina guardandosi intorno, avulso da tutto ciò che lo circonda, come un fantasma che vaga in una festa di vivi. Tutto ciò accade perché noi occidentali siamo diversi, e lì per lì non sappiamo come rapportarci a questa strana cultura che sembra girare esattamente al contrario.”

L’INTRINSECO PRINCIPIO CHE MUOVE IL GIAPPONE

In Giappone, ogni cosa è regolata da un intrinseco principio che segue l’istinto della delicatezza, dell’estetica e dell’eleganza, e anche se tutto ciò non traspare dalle grandi città metropolitane, poi in realtà si materializza nell’angolo più nascosto, nell’anfratto più remoto, inaspettatamente, quasi inconsciamente.

Ci accorgiamo perciò che la filosofia della vita, in Giappone, è regolata da codici silenziosi ed arcani che fanno vibrare all’infinito le corde della poesia, della musica e della teatralità. Accade ciò tra i disegni perfetti dei giardini giapponesi, oppure tra le geometrie sacre dei giardini zen, o ancora, tra le gestualità danzanti di una geisha, che come una musa ispiratrice crea codici e algoritmi di una realtà eterea e intangibile.

ATTRAVERSO TOKYO

Eccomi a Tokyo, in questa città in cui mi sento un po’ a casa e un po’ irrimediabilmente lontano da tutto e tutti. Qui i passanti scorrono a velocità sostenuta, sembrano ologrammi, ognuno raccolto nel proprio tempo, che rende impossibile perfino incrociare uno sguardo.

Ci provo mentre cammino, ma non mi vedono, non sanno che esisto, o forse non esisto proprio, chissà non sono mai esistito. A me basterebbe il conforto di un sorriso, o di un’occhiata fugace, qualcosa che mi regalerebbe qualcosa di umano, invece corrono tutti, vanno altrove, chissà dove.

Guardo in giro ed è tutto un futuro, video psichedelici, continui cambi di immagini, corre tutto molto veloce, anche le voci, che sembrano sospese a metà aria come in uno strato di nebbia. Entro in uno Starbucks, i giapponesi amano questo posto, ci passano le giornate intere a lavorare, a bere caffè, a mangiarsi il loro dolce all’americana, è tutto molto soft, l’atmosfera è calma e regna un gran silenzio. C’è rimasto un unico posto, di fronte al vetro che ridà sulla strada. Sono felice di occuparlo perché posso guardare fuori  per una volta senza l’obbligo di andare in cerca di sguardi. Da qui posso semplicemente osservare. Astrarmi finalmente da quella folla di tanti me che vanno per contro proprio senza curarsi di nulla, in questo mio mondo ordinario e fallace che mi sono andato costruendo, pieno di illusioni e di riflessi ansanti di ombre che lentamente finiscono per svanire come una qualsiasi storia di disperanza.

Intanto, li fuori, tutto scorre, Tokyo vive, come sempre, d’altronde che cambia se ci sono o no in quella folla, a chi importa? Poi ad un tratto alzo sguardo e in cartellone pubblicitario incrocio il volto di un ragazzo vestito alla occidentale, tutto di nero. È bello, ha gli occhi a mandorla e i lineamenti delicati, sembra volermi dire di non preoccuparmi, perché tanto la vita accade comunque.

Tanto, Tokyo non può fermarsi, deve andare avanti verso la notte, al di là di tutto. Ci penso, effettivamente ha ragione, la vita accade comunque, le vite passano e le ragazze corrono, travolte da una frenesia che nemmeno sentono dentro. La città continua a pulsare e io pian piano sto svanendo, tra le maglie di quei fumi psichedelici, senza poter far nulla. Non so nemmeno più chi sono e se ci penso nemmeno mi interessa. 

“La città di Tokyo, può essere conosciuta solo con la vista, l’abitudine e l’esperienza. Come diceva il celebre fotografo Henri Cartier-Bresson, una fotografia non può essere catturata né presa con la forza. Essa si offre, è la foto che ti cattura. D’altronde ci sono luoghi e bellezze che per essere colti hanno bisogno di essere conosciuti dall’occhio, sarà quindi la conoscenza e l’abitudine di determinate composizioni a facilitarne la realizzazione.”

KAMAKURA, UN’ANTICA CAPITALE DEL GIAPPONE

Eccomi a Kamakura, ai piedi del Daibutsu, il Grande Buddha, assorto in una sorta di nirvana a-temporale, il cui sguardo perpendicolare sul mondo arriva dritto al mio cuore impreparato. Le sue enormi dimensioni, che superano i 13 metri si stagliano nel fitto di un teatro naturale popolato da aceri, pini, e ciliegi secolari. Una natura magica, delicata, sinuosa che cresce ad ogni soffio di vento e si rigenera in nome del nenbutsu, aiutando chiunque lo voglia a liberarsi dalle sofferenze di nascita e morte, per ottenere così l’illuminazione.

A Kamakura c’è chiasso, e folla, si sentono in lontananza migliaia di sorrisi turistici, si respira vita, poi quasi per caso ci si ritrova ai piedi del Daibutsu, e ogni cosa cessa, per lasciare spazio al silenzio.

«Shariputra, io conosco le enormi meraviglie di quella Terra, per questo motivo dico a te e a tutti coloro che mi ascoltano in questo momento, di coltivare nei vostri cuori il desiderio e l’aspirazione di rinascere in quel mondo meraviglioso.»

(Sutra di Amitabha o sutra breve della Terra Pura)

Anche se non si nota, perché fa ancora caldo, è già autunno inoltrato (forse il miglior momento per godersi il Giappone), e ad ogni soffio di vento che arriva dal mare, il koyo dilaga, e le foglie di acero si colorano di rosso, come per magia. L’Oceano Pacifico, che si trova giusto qui dietro, comincia a farsi furioso, a nostra insaputa, come un demone che dagli inferi decide di affrontare le lande peccaminose della nostra Terra.

NEI PAESAGGI OLTRE-TEMPO

Eccomi a Shirakawa-go, nel villaggio dell’Oltre-Tempo, un mondo incantato, fiabesco, distante anni luce dal caos metropolitano di Tokyo. Il tempo qui sembra essersi fermato, ed ogni cosa ci appare per così com’è: bellissima. I monti circostanti, i boschi di conifere, i campi di riso nel pieno del loro rigoglio, un fiume impetuoso e le classiche case in legno con tetto a doppio spiovente, qui si chiamano ghasso zukuri, “a mani giunte”.

Passeggiare tra le strade di Shirakawa-go è come mettere l’occhio in una lanterna magica che nasconde ombre, visioni e proiezioni di un tempo mitico e irraggiungibile. L’ennesimo volto, inatteso e intimo, di un Giappone sempre più arcano e inaspettatamente arcaico.

TRA TEMPLI, GIARDINI E CASTELLI

E poi ci sono loro, i guardiani del tempo, del non tempo, del tempo andato e ora anche del nostro tempo, i templi, i giardini e i castelli. Come una carrellata di diapositive in bianco&nero viaggiamo attraverso la poesia delle loro linee sinuose, o rigorosamente rette. Un’arte che non muore mai.

Una magia che corre al di là dell’osservazione umana, semplicemente esiste, resiliente al passaggio di una modernità chissà forse arida, o forse no. Chiudi gli occhi, li riapri e ti vedi dinnanzi la materializzazione di un sogno, in pietra e in legno, che come un gigante impassibile, si staglia all’orizzonte: è il castello dell’Airone bianco, candido, commovente, impavido. E’ lui a dominare Himeji, visibile da ogni angolo, anche dal più insospettato, di questa cittadina altrimenti anonima.

LA NOTTE DI KYOTO

E poi giunsi a Kyoto, la vidi di notte, la respirai, la amai. Era bella, e quei fumi nebulosi si facevano sempre più densi, come un pensiero che si insinua nella mente di un amante per non andar più via. Era notte, e Kyoto suscitava in me un sospiro, un sussulto misterioso, che sarebbe andato aldilà della fantasia e della notte stessa.

La notte di Kyoto rievoca miraggi e ricordi assai arditi, acuti letterari di deliranti samurai, come il monaco novizio che, al culmine di un parabola struggente, dà fuoco al Tempio d’oro, il Kinkaku-ji, prima di consegnare all’eternità la sua anima dannata. Dannata come il suo creatore, quel Yukio Mishima, scrittore regista e sovversivo, ultimo eroe suicida che si tagliò il ventre con solenne cerimonia, codice d’onore di un Giappone ormai sepolto. L’anima del monaco si volatilizzò nel fuoco catartico, mentre quella di Mishima volò altrove, chissà dove. Il Padiglione d’oro invece fu ricostruito, tal quale, e resiste tuttora alle minacce del tempo, e dell’uomo (vd foto).

Kyoto è sempre pronta a meravigliarti, a proiettarti con la memoria tra i suoi templi antichi, tra i suoi quartieri silenziosi, sui suoi sentieri infiniti, che una volta imboccati, ti fanno dimenticare la tua essenza e il motivo per cui sei giunto fino a qui. La colpa è della notte.

Già, la notte, madre di miti e di leggende, come quella che avevo letto in un libro di Yasunari KawabataIl Lago si chiamava, una storia strana, affascinante e desolante, che raccontava così:

“La notte, gli spiriti dei maestri saggi scendono a popolare il nostro mondo per poterlo purificare da tutte le energie negative che hanno oscurato il cielo azzurro e hanno fatto svanire il sole.
Poche ore e tutto tornerà ad essere innocente e puro, come l’alba di un nuovo giorno.”

Ed effettivamente all’alba tutto svanirà, la luce diurna si porterà via tutto, anche questo nostro imbarazzante delirio. Allora tutto sembrerà languido e confuso come un sogno, come un fulmine nel cielo nebuloso, come lo sguardo magnetico di un gatto o come i passi senza orma e senza fine di un vagabondo delirante.

Per le foto a corredo dell’articolo, si ringrazia il Dott. Federico Ricci per la gentile concessione

“L’occhio di Federico svela mondi inattesi con la naturalezza del grande fotografo. I suoi scatti mi hanno ispirato questo articolo, che sono sicurò guiderà anche voi verso un personale e intimo viaggio in Giappone, reale o immaginario che sia. Grazie Federico e grazie agli altri compagni di viaggio che hanno reso la mia esperienza indimenticabile.”

VUOI SCOPRIRE IL GIAPPONE DA SOLO? 

Affidati a noi, siamo viaggiatori esperti, conosciamo molto bene il Giappone, e saremo felici di mettere al tuo servizio la nostra lunga esperienza nel paese del Sol Levante.

SE VUOI SAPERNE DI PIU’ CONTATTACI AL NOSTRO INDIRIZZO MAIL info@vitaminaproject.com oppure VISITA LA NOSTRA PAGINA DEI SERVIZI, CLICCANDO QUI

Continua a leggere...