PHNOM PENH: COSA FARE E VEDERE NELLA PARIGI D’ASIA

Phnom Penh, capitale della Cambogia, custode di una storia tanto grandiosa quanto cruenta, una città strana, ma bella, sempre avvolta da quel sottile velo di delirio asiatico che caratterizza tutti i grandi centri orientali. Traffico, caldo asfissiante, tuc-tuc che sfrecciano a destra e a manca, fumi e vapori da ogni parte, si, siete proprio a Phnom Penh, punto di passaggio obbligato del vostro viaggio in Cambogia. Eppure questa metropoli così caotica vale certamente una visita, non fosse altro per i tesori di un nobile passato e per la sua importanza attuale nell’ambito di un più ampio contesto geo-politico come quello del sud-est asiatico. E poi ci sono I musei, i templi, i mercati, i memoriali, il lungo-Mekong e i sontuosi edifici coloniali. Qui, tutto è in trasformazione e contribuisce alla vitalità e allo sviluppo di una città sempre più viva.

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IN BILICO, TRA PASSATO E PRESENTE

Un tempo la chiamavano “la Parigi d’Asia”, per la sua eleganza e per i numerosi edifici in stile coloniale fatti costruire dai francesi tra il 1861 e il 9 Novembre 1953, giorno che segna ufficialmente la fine del Protettorato Francese e la nomina dell’indipendenza nazionale.
Di quel lustro coloniale è rimasto solo qualche segno, ci vengono in mente per esempio il mercato centrale in stile Art Decò, o gli edifici consolari nei pressi del Wat Phnom (il più antico ed importante tempio buddista della città), o ancora le ville in stile liberty che si affacciano sul lungo-Mekong. Molto altro, invece è andato perduto, spazzato dalla follia omicida di Pol Pot e del suo esercito”, i Khmer rossi, che tra il 1975 e il 1979 uccisero oltre 3 milioni di cambogiani in una guerra fratricida il cui solo ricordo mette i brividi.

Per Tiziano Terzani, Phnom Penh era una città stregata: “Le notti non sono riposanti in Cambogia. Il buio brulica di fantasmi – scriveva – C’è qualcosa nell’aria che di notte, con il silenzio, torna a galla, mi alita attorno, mi fa stare in guardia, impedendomi di abbandonarmi alla profondità del riposo”. Erano le centinaia di anime erranti ammazzate dai Khmer Rossi che continuavano a vagare per la città, senza pace.

Oggi, per fortuna quel passato così buio e sanguinoso si respira solamente tramite il filtro della Storia, Phnom Penh si è trasformata in una grande metropoli, dove il traffico e l’inquinamento regnano sovrani. Camminare per le strade della città, o salire a bordo dei tuc-tuc senza mascherina è impossibile, tanto è il tasso di inquinamento.

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Il caldo umido non aiuta ed il risultato è uno spesso strato persistente di fumo grigio che aleggia su tutta la città. Insopportabile, come il ronzio dei milioni di mezzi che affollano le strade cittadine. A parte questo aspetto, però, la Capitale è una città sempre più internazionale, che ospita turisti da tutto il mondo. Molti di questi sono solo di passaggio, diretti ad Angkor o nel sud del paese, altri invece, come noi, decidono di fermarsi qualche giorno in più, per scoprire più attentamente le risorse di una città davvero interessante, una città che tra le sue maglie nasconde ancora le orme di coraggiosi avventurieri europei, come Pierre Loti, André Malraux e Somerset Maugham, passati di qui come ombre sulla via di Angkor.

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UNA VITALITÀ TUTTA ASIATICA

Fermarsi a Phnom Penh per qualche giorno significa fondersi con quel magma caotico che lento attraversa tutta la città. Sarà bello andare in giro alla scoperta di angoli vivi e vissuti, dove sembra che siano tutti commercianti di qualcosa, una vitalità brulicante che si rigenera ad ogni angolo, nonostante l’incoerenza urbana a tratti disarmante di una città i per lì disorientante.
Preso atto di tutto ciò, sarà ancora più bello salire sulla collina che domina tutta la città e trovare rifugio tra le mura sacra del Wat Phnom, o fondersi nella sorprendente vitalità dei locali del lungo-Mekong, e perché no, trovare sollievo con un massaggio rigenerante in stile orientale, o assaporare i gusti atipici della cucina locale.


Particolarmente suggestivo è camminare di sera sul lungofiume, qui incontrerete turisti, venditori ambulanti, monaci buddisti in cerca di elemosina, bancarelle che vendono insetti e strani cibi. La notte è viva da queste parti, e non è raro incontrare boutiques e locali di un certo livello. Si respira una bella vivacità, avvolgente che non lascia indifferenti.

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I MERCATI DI PHNOM PENH

In Asia, si sa, è tutto un mercato e Phnom Penh non fa eccezione. Si commercia dappertutto, e ad ogni angolo c’è un venditore con la sua bancarella fumante. Anche i mercati sono sparsi un po’ dovunque e rappresentano le vere anime aggregative della città. Due mercati però si distinguono per dimensioni e per importanza su tutti gli altri, sono il Central Market e il Russian Market. Pian piano si stanno facendo sempre più turistici, specie il Russian Market, ma in generale sono ancora dei punti di interscambio dove si riversano ogni giorno migliaia di commercianti e di acquirenti. Qui trovate un po’ di tutto, dalle spezie ai cibi tipici, ai tessuti alle vettovaglie, fino ai souvenirs, da queste parti (scusate il gioco di parole) davvero a buon mercato.

from Cambogia With Love

UN SALTO (DOVEROSO) NELLA MEMORIA

Infine la Storia, o meglio la memoria!
Uno dei motivi per fermarsi a Phnom Penh è certamente quel senso di dovere che ci spinge a conoscere e approfondire una storia purtroppo davvero cruenta. Una storia difficile da accettare e che lascia basiti. Ci riferiamo ovviamente all’Olocausto Cambogiano. In quasi 4 anni di dittatura, tra il 1975 e il 1979, Pol Pot, dittatore e fanatico dell’ideologia comunista, ha sterminato gran parte della popolazione. Un orrore ingiustificabile e soprattutto incomprensibile, una follia che è tutt’ora visibile e percepibile nel Tuol Sleng Genocide Museum e nei Killing Fields di Choeung Ek.
Si tratta di due strutture che sono state teatro di atti indicibili, e che a nostro avviso vanno visitate entrambe per avere un quadro veramente chiaro di quello che accadde nel corso di quei maledetti 3 anni, 8 mesi e 20 giorni.

  • Il Tuol Sleng (oggi Genocide Museum) era un Istituto scolastico, trasformato dai Khmer rossi in una prigione segreta, meglio conosciuta come prigione S-21. In questo luogo, che si trova nel centro di Phnom Penh,
    e dove si respira tutt’ora un’aria pesante e mortifera, sono stati interrogati, torturati e uccisi più di 20.ooo uomini, principalmente intellettuali, dissidenti o presunti tali. Come vedrete le aula sono state trasformate in camere della morte e l’edificio scolastico venne modificato per ospitare tutti i prigionieri-nemici del regime.
    Per tutte le info relative al prezzo d’ingresso e agli orari d’apertura visitate il sito web ufficiale.olocausto-cambogia
  • I Campi di Sterminio, conosciuti anche con il nome di Choeung Ek, si trovano a 15 km a sud di Phnom Penh.
    Per raggiungerli vi consigliamo di accordarvi il giorno prima con un tuc-tuc driver, che per circa 30 dollari (per due persone) sarà a vostra completa disposizione e vi porterà direttamente al campo di sterminio. Nell’occasione attraverserete la disagiata periferia di Phnom Penh e potrete avere una visione più completa di quella che è una situazione urbana veramente complicata.
    Choeung Ek è un luogo difficile da visitare, che riempie di immensa tristezza e angoscia. Lungo il tragitto guidato sono visibili ancora i brandelli, gli oggetti e pezzi di ossa appartenuti ai prigionieri. Pensate che molte fosse comuni non sono state ancora dissotterrate, quasi per non svegliare i denomi della disperazione e della vendetta pronti a esalare verso la superficie. Uno dei luoghi più impattanti è certamente la stupa piena di teschi, la stessa che Tiziano Terzani non esitò a definire l’ossario dell’orrore.choeung-ek

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