UNA VITA DA VIAGGIATORE IMPEGNATO
Miguel Angel Asturias è sicuramente la figura più autorevole del panorama intellettuale Guatemalteco, nonché uno dei padri della Letteratura latinoamericana, una personalità così forte da contrastare con la forza delle sue parole e dei suoi scritti il demonio imperialista americano. Oltre che scrittore e poeta, Asturias fu anche giornalista, politico e diplomatico; viaggiò praticamente in tutto il mondo, tanto che si fa prima ad elencare i Paesi dove non passò.
LA VOCE LETTERARIA DEGLI INDIOS
Miguel A. Asturias nasce a Città del Guatemala nel 1899 durante la dittatura di Manuel Estrada Cabrera; tutta la sua infanzia e adolescenza verranno segnate dai soprusi che la giunta militare riservò al Paese. Il suo impegno in campo politico sarà un’inevitabile conseguenza. Si interessa sin da subito al problema della discriminazione sociale degli indios, tematica che approfondirà gradualmente e che lo porterà alla stesura della cosiddetta “trilogia bananera“, composta dai suoi capolavori letterari:
Leggende del Guatemala, Il signor presidente, Uomini di mais. Ad ispirare queste tre opere, fatti reali: il Guatemala sotto la dominazione della United Fruit Company, la compagnia nordamericana che si appropria di tutta la terra e di tutte le anime mentre instaura uno Stato (di matrice chiaramente yankee) nello Stato. La stessa compagnia, che successivamente finanziò, tra le altre, le rovine maya di Zaculeu.
“Le Leggende sono infatti la rivendicazione della dignità morale e spirituale del popolo indio, che Asturias esprime con un complesso apparato lessicale, in cui è ricorrente l’uso del parallelismo, dell’onomatopea, dell’allitterazione, che a volte insiste nell’espressione di immagini di un surrealismo barocco. Le sue sono opere di difficile lettura, dotate però di una forza evocativa pari alla potenza di un tifone.”
Lo stesso Asturias definisce la sua Opera intrisa di due realtà: “una sociale, politica, popolare, con personaggi che parlano come parla il popolo guatemalteco; l’altra immaginativa, che li racchiude in una sorta di atmosfera e di paesaggio di sogno”.
Profondo conoscitore della cosmogonia Maya, cercò di diffondere le fondamenta di quella virtuosa civiltà in Argentina ( dove viene nominato prima addetto culturale all’ambasciata guatemalteca in Argentina e due anni dopo ambasciatore ), e in Europa ( Parigi e Londra). Ma se l’esperienza parigina fu decisiva ai fini della formazione politica e culturale di un giovane Asturias (in Francia conobbe ed entrò in contatto con i principali intellettuali del tempo come Paul Valery, Pirandello, Thomas Mann, Pablo Picasso e James Joyce), la permanenza in terra Argentina riguarda invece la seconda parte della sua vita, quella delle convinzioni e delle prese di posizioni, le stesse che gli valsero l’esilio prima nella Cuba comunista e poi nella Spagna franchista.
Il suo impegno politico lo portarono a ricevere dall’Unione Sovietica il Premio Lenin per la pace nel 1966 e poi il Premio Nobel per la letteratura nel 1967. Muore a Madrid nel 1974, lasciando un vuoto incolmabile nella letteratura non solo latinoamericana, bensì mondiale.
“UOMINI DI MAIS” – IL CAPOLAVORO DI ASTURIAS
Tra i suoi libri più importanti c’è sicuramente “Uomini di Mais”, una sfilata di personaggi, racconti e luoghi legati alla tradizione popolare guatemalteca, al cui centro c’è sempre il mais. Dal mais non dipende solo la sopravvivenza fisica dei contadini discendenti dei Maya, ma anche quella della loro cultura, che trae diretta origine dal Popol Vuh, il libro sacro. Partendo quindi dalle leggende, dalle tradizioni, dal sistema di credenze contenute in questo testo, Asturias, facendo incontrare la poesia surrealista con le suggestioni delle civiltà precolombiane, dà vita a un grande affresco di storie e personaggi che è al tempo stesso un lucido manifesto politico di denuncia.