Al nominare Josep Bartolí, probabilmente molti di voi faranno spallucce, eppure quella che vi stiamo per raccontare è la storia incredibile di un tenace viaggiatore, che riuscì a fuggire dal campo di concentramento di Dachao e a raggiungere, in qualche maniera, il Messico, dove incontrò e sedusse addirittura Frida Khalo.
Nonostante la sua vita da romanzo, però, la parabola di Josep Bartolì declinò ignominiosamente nell’oblio già dopo la sua morte, e probabilmente lì sarebbe rimasta, se lo stesso Bartolì non fosse riuscito ad occultare tra la sabbia polverosa e acre di Dachao, il suo taccuino di bozze raffiguranti la cruda vita dei prigionieri all’interno del campo di concentramento tedesco.
Disegni che rivivono ora nel libro “La Retirada” e soprattutto nel film d’animazione presentato all’ultima edizione del Festival di Cannes.
“Sedusse Frida Kahlo con le stesse mani con cui dipinsè gli orrori del nazismo. La vita di Josep Bartolí è ricca di pennellate straordinarie e si fonde con gli eventi più crudi del secolo XX, come la Seconda guerra mondiale e la Guerra Civile Spagnola. Fu lì lì dall’essere sopraffatto dalla barbarie di Dachao, ma riuscì a fuggire e ad aprirsi un varco oltre Oceano.”
Josep Bartolí: LUNA STORIA DA FILM
Josep Bartolí nacque nel 1910 a Barcellona in una famiglia di artisti, e già dal grembo materno si nutriva di arte. Debuttò giovanissimo come disegnatore e caricaturista nei quotidiani locali, compromettendosi sin da subito nel sindacalismo. Era un repubblicano convinto, il che lo costrinse a fuggire, al termine della Guerra Civile Spagnola, in Francia.
Fu deportato attraverso sette campi di concentramento, prima di finire in quello tedesco di Dachao. L’orrore di quei momenti gli penetrò l’anima, tanto da diventare quasi un’ossessione.
“Nei suoi schizzi, 116 dei quali sono custoditi nell’Archivio Storico di Barcellona, Josep Bartolí rappresentò l’orrore del campo di concentramento; la serie di disegni dei gendarmi che vigilano i prigionieri hanno una forza incredibile, sono pregni di carica drammatica, e sono a metà strada tra la caricatura, la fotografia e l’arte.”
Sopravvisse alle torture di Dachao e scappò lontano, arrivando fino in Messico, dove riuscì ad entrare nei circoli avanguardisti di Città del Messico. E’ qui che incontrò Frida Kahlo, che sedusse, prima di trasferirsi a New York ed essere considerato, finalmente, un’artista quotato, alla stregua di Pollock o Rothko. Tuttavia, nonostante il suo impegno per la causa civile spagnola, in Patria Josep non ottenne mai la giusta considerazione, tanto da essere praticamente dimenticato, sia come artista che come uomo. Uno strano destino, quello di Bartolì, che per fortuna sta rivivendo oggi sugli schermi cinematografici di tutto il mondo, grazie al film del disegnatore francese Aurel, “JOSEP”.
DAI CAMPI DI CONCENTRAMENTO ALL’AMORE CON FRIDA KAHLO
In Francia, Bartolì passò per ben sette campi di concentramento, riuscendo però a schivare la disciplinare di Gurs, che lo avrebbe ricondotto in Spagna, mandandolo quindi a morte certa. Fuggì, poi, a Parigi, dove lavorò per alcuni spettacoli del Folies-Bergère e del Moulin Rouge.
Durante l’Occupazione nazista, provò a scappare dalla capitale francese, ma fu catturato dalla Gestapo nei pressi di Vichy, e immediatamente inviato al campo di concentramento tedesco di Dachao.
Anche da qui riuscì a scappare.
Grazie a una rete internazionale di aiuti per rifugiati ebrei, potè imbarcarsi dal porto di Marsiglia su un cargo diretto a Casablanca, Marocco, da dove, a sua volta, partì per il Messico.
E’ proprio in Messico che, Josep, tornò a dedicarsi alla sua attività pittorica. Al suo arrivo fu accolto dal nugolo di artisti che ruotavano direttamente intorno a Diego Rivera e Frida Kahlo.
Con quest’ultima intrattenne una ricca ed ispirato carteggio, che si convertì in passione.
NEW YORK, LA FAMA E LA MORTE
Finita l’avventura messicana, e l’amore con Frida, Josep si trasferisce a New York. E’ l’anno 1946 e una grande ventata di popolarità sta per travolgerlo. Negli Stati Uniti fece diverse esposizioni, collaborando, tra le altre cose, come disegnatore con la rivista antifranchista, Ibérica.
Sono questi gli anni della consacrazione come artista e pittore, gli anni del riconoscimento internazionale, che precedettero, nel 1977 il rientro nella sua città natale, Barcellona. Prioprio con la città di Barcellona giunse ad un accordo che gli permise di ottenere, in cambio della cessione di parte del suo patrimonio artistico, un vitalizio, di cui fruì appunto fino alla sua morte, avvenuta nel 1995 a New York.
Attualmente, ben 116 disegni di Josep Bartolì sono custoditi nell’Archivio storico di Barcellona. Nonostante ciò, la maggior parte dei catalani, e degli spagnoli in generale, ignorano tutt’oggi chi sia Josep Bartolì.
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