PANAMA: COME ATTRAVERSARE L’ARCIPELAGO DI SAN BLAS

Panama, ore 12.30 di un giorno qualsiasi, siamo praticamente dispersi nel cuore di un groviglio di isole paradisiache, circondati da acque cristalline, sotto un solo battente. Memorabile!

Per la precisione ci troviamo a Waidup, una delle centinaia di isolette (365 dicono), che costituiscono l‘Arcipelago di San Blas, vero e proprio santuario naturale, che ogni viaggiatore sogna di raggiungere e possibilmente di attraversare tutto. Perchè è questa la vera avventura, attraversarlo tutto, senza troppi programmi, ne piani, unica risorsa a disposizione: ingegno!
Eh già, ma come giungere sin qui? E come proseguire fino a Cartì, per poi approdare sulla terra ferma e raggiungere Panama City? Condividiamo volentieri con voi il nostro diario di viaggio, o di bordo, giacchè  per pensare di attraversare questo dedalo di isolette, bisogna prima di tutto trovare un’imbarcazione.

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Ma c’è da fare una precisazione: la maggior parte dei tour per esplorare l’arcipelago partono da Panama City, o meglio sono venduti dalle agenzie della capitale, la quale provvederà a mettervi su una macchina e a portarvi fino a Cartì. Da qui inizierà il vostro Tour in barca a vela, una soluzione piuttosto turistica, che sarà limitata alla parte più occidentale dell’Arcipelago. E’ questo in effetti  il tratto più bello, dove si trovano Cayos Holandeses, Los Grullos e Ordupuquip, un triangolo di isolotti ambiti anche dalle crociere. Ci sono poi Tour in Barca a Vela o in Catamarano che possono durare fino a 8 giorni e che si inoltrano tra gli atolli, ma in questo caso i prezzi sono molto alti, o quanto meno fuori dalla portata di noi viaggiatori. Noi in quest’articolo parleremo solo di come attraversare l’arcipelago di San Blas in maniera indipendente e proseguendo da sud verso nord, ovvero dalla Colombia fino a Cartì/El Porvenir.

TUTTO COMINCIO’ DA..

Delle fatiche a dir poco titaniche di attraversare la frontiera Colombia-Panama ve ne abbiamo già parlato in questo articolo (per saperne di più CLICCA QUI ). Noi, infatti, siamo entrati a Panama dalla Colombia, il cui ultimo paese è Capurganà, a circa un’ora di barca, o meglio di barchetta, da Puerto Obaldia, avamposto di frontiera presidiato dai militari e primo pueblo panamense.
E’ qui che inizia la nostra avventura alla scoperta di uno dei posti più belli e affascinanti di Panama, l’Arcipelago di San Blas (conosciuto anche sotto il nome di Comarca de Kuna Yala, interamente sotto la giurisdizione indigena dei Kuna Yala). Una volta smaltite, molto a fatica, le burocrazie d’ingresso, che consistono nello svuotare completamente i bagagli davanti ai militari, e successivamente nel passare presso l’ufficio immigrazione, avete tre possibilità di proseguire:

  1. Andare direttamente a Panama City in aereo, saltando a piè pari il magico arcipelago. Costo della tratta 110 dollari. Tempo stimato 1 ora.
  2. Raggiungere Cartì in panga (motoscafo), attraversando le isole in maniera fugace, senza riuscire minimamente a capire quello che vi state perdendo. Costo della tratta 110 dollari. Tempo Stimato, 8 ore.
  3. Trovare un passaggio su un’imbarcazione di qualsiasi tipo che vada verso nord. Costo della tratta, 50/100 dollari, in base alla vostra capacità di contrattazione. Tempo stimato, non quantificabile, nel senso che potrebbero volerci alcuni giorni, come due settimane.

Se ne deduce, in base al quadro appena descritto, che la terza sia la soluzione meno semplice, ma più affascinante.
E’ bene che sappiate che trovare un passaggio alternativo non è semplice, molto dipende da come voi riuscirete ad interagire con i locali. Puerto Obaldia è davvero brutta, e la fretta di voler andarvene non giocherà a vostro favore.
E’ bene sapere anche che in tutta la Comarca non c’è possibilità di ritirare denaro, perciò fate la scorta prima di partire per l’avventura. Come vedete il quadro è molto poco chiaro, e a conti fatti converrebbe scegliere la soluzione più semplice (vedi opzioni 1-2). Ma sappiate che, desistendo, vi perderete uno degli ultimi paradisi della terra! Poi fate voi…

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Seguono i fatti della nostra grottesca avventura, sperando possano essere da spunto a tutti coloro che non si fermano alla soluzione più semplice, quasi sempre la meno entusiasmante.

QUANDO SI DICE: ANDARE ALL’AVVENTURA!

Bene. Una volta acquisito un nuovo timbro sul passaporto, si poneva la questione più delicata: trovare un passaggio per attraversare il fantomatico Arcipelago di San Blas. 
Già, ma dove trovarlo? facemmo vari tentativi, cercando di convincere chiunque avesse una barca propria a darci “uno strappo”. Purtroppo però le nostre facce da bravi ragazzi non convinsero nessuno, e le speranze di lasciare Puerto Obaldia già in serata si riducevano sempre più. Fino a quando Giulia non tirò fuori dal cilindro il colpo a sorpresa: un signore che con il suo motoscafo era diretto verso Cartì, e che quindi ci avrebbe dato un passaggio.
Ad una sola condizione, però, (oltre a quella di contribuire alle spese), e cioè che ci saremmo dovuti adeguare ai suoi impegni. In pratica il signore era atteso in serata nella vicina località di Anachakuna, per salutare suo fratello e quindi per passare la notte in famiglia. E che sarà mai, pensiamo. Certo che accettiamo!

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Approdiamo così in poco tempo sull’isoletta, e ad accoglierci una popolazione indigena, piuttosto diffidente e ostile nei nostri confronti, tanto che i bambini al vederci, fuggivano nelle loro capanne, neanche fossimo orchi cattivi.
Dopo aver spiegato con molta fatica che avevamo bisogno di un alloggio qualsiasi, e di un po d’acqua e cibo, gli anziani del villaggio ci destinarono in effetti in una stanza qualsiasi: si trattava di una struttura basica in legno, con un letto solo (peccato che eravamo in quattro), che solo dopo scoprimmo essere la postazione dove il medico visitava i malati. In effetti ci era parso alcquanto strano che la nostra capanna fosse totalmente isolata dalle altre, e per di più sprovvista d’acqua, mentre tutte le altre abitazioni, seppur modeste, sembravano disporre almeno di doccia e di bagno.

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Un pò perplessi, ci adeguammo alle consegne. Posammo i nostri bagagli nella stanza senza porte, e ci dedicammo all’esplorazione dell’isola. Purtroppo i caraibi dorati di cui avevamo sentito parlare erano ancora lontani, giacchè Anachakuna ci parve un triste avamposto desolato e dimenticato da Dio. A nulla servì il nostro entusiasmo di provetti avventurieri, la situazione era critica. Peraltro non c’era la minima possibilità di reperire da mangiare. La popolazione tutta faceva ostruzione!

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Fu solo grazie alla gentilezza dei bambini, con cui dopo un pò stringemmo una preziosa amicizia, che riuscimmo a mangiare qualche mango, e niente più. Non ci rimaneva che aspettare l’indomani.

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Per fortuna l’indomani giunse presto, giacchè il nostro “Comandante” ci buttò dal letto quand’era ancora buio, dicendoci che avremmo dovuto anticipare le operazioni di ripartenza. Tanto meglio, noi eravamo solo che felici!
Non potendo in questa sede raccontarvi nel dettaglio come si evolsero tutti gli eventi, ci limiteremo solo a dirvi che la seconda parte della nostra traversata fu un successone, e che ne valse assolutamente la pena affrontare quelle angherie per poi ritrovarci a vivere un sogno ad occhi aperti.

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Un paradiso fatto di atolli deserti, bagnati da acque cristalline e protetti da vivide barriere coralline. Per altro ci ritrovammo a passare alcune notti in una romantica capanna fronte mare, cullati dal dolce dondolio delle onde, ed illuminati da migliaia di stelle.

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A condire quel magico idillio
, una inaspettata cena a base di gamberi e aragoste, il prezzo di tutto preferiamo mantenere nascosto, giacchè fu talmente irrisorio da far concorrenza al più modesto degli ostelli.

IN CONCLUSIONE

Dopo aver passato qualche giorno a godere di quei caraibi da sogno, in cui probabilmente a causa della bassa stagione eravamo gli unici “non indigeni”, giunse il momento di ripartire.
Per onor di cronaca, vi diciamo che l’isoletta dove trascorremmo il nostro week end romantico si chiama Waidup,  si trova nei pressi di Corason de Jesus. Eravamo ad alcune ore da Cartì. Il giorno dopo partimmo all’alba, destinazione Cartì, appunto, che di fatto significava la fine del nostro idillio.
Da Cartì partono in successione dei taxi-jeep che in qualche ora vi condurranno direttamente a Panama City.

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