Sono quasi le nove di sera e la giornata volge al termine. Un tramonto fluorescente avvolge Porto Alegre, e dalle sponde del lago Guaiba vivo, immerso in quei colori, un’esperienza quasi extra-sensoriale.
La città si prepara ad una notte altrettanto afosa. Sono i primi di gennaio e mi dicono che il vero caldo deve ancora arrivare. Deglutisco sorpreso, pensando a quando mi troverò in Amazzonia. Lì i livelli di umidità sono altissimi. Per fortuna, però, proprio in quell’istante mi passa davanti, seducente come una sirena, un venditore ambulante che vende bibite ghiacciate!
Gli compro subito una birra “bem geladinha” e in un attimo quel biondo liquido refrigerante invade le mie vene, placandomi per un po il bisogno di gelo. La mia mente di nuovo lucida si posa sulle acque del lago, provando a rintracciare l’altra sponda, ma c’è troppa foschia. Dietro di me c’è allegria. Una batteria, un basso, alcuni tamburi ed un sassofono intrattengono con successo un gruppo di ragazzi che ballano e cantano spensierati. Suoni seducenti nell’estate che incombe.
Provo ad avvicinarmi alla folla eccitata, ma una ragazza, correndo, mi passa davanti, quasi investendomi. Tento di mettere in pratica il mio limitatissimo portoghese, ma ovviamente si accorge subito che sono un forestiero. Un attimo di silenzio, poi mi chiede… In perfetto milanese: sei italiano? Io un po’ disorientato la guardo e le rispondo: si, anche tu? Lo stupore però è reciproco, perché, mi spiega lei, che in sei anni di Porto Alegre non ne ha conosciuti poi tanti di italiani. Di solito non passano di qui, vanno per lo più a Rio, a Bahia, a Recife. Dopo qualche minuto la conversazione quasi si esaurisce ma, prima di congedarsi, la ragazza mi invita per l’indomani ad un evento imperdibile!!! Per sapere di che si trattava sarei dovuto andare al Parque da Redenção tra le 16 e le 18 del pomeriggio.
Impaziente, corro da Giulia, che nel frattempo non aveva resistito al richiamo della musica e si era fatta coinvolgere da quel ritmo esotico. Io però, più entusiasta di lei la tiro fuori dalla mischia e la traggo a me, provando a spiegarle ciò che ci avrebbe atteso il giorno successivo. Felici come due bambini, ci guardiamo e torniamo a danzare, questa volta insieme, al ritmo dei tamburi!
Il giorno dopo arriva in un attimo. Il caldo è sempre più impietoso e la città appare deserta. Noi, però, non ci facciamo vincere dalla pigrizia e ci avventuriamo tra le strade di Porto Alegre decisi a raggiungere il Parco. I nostri passi quasi affondano nell’asfalto bollente, il sudore bagna le nostre fronti, ed i miei occhiali possono ben poco contro il suole infocato. Quando raggiungiamo il Parco, una fitta selva di alberi ci sembra quasi un miraggio. Alberi giganti dalla folta chioma si avvolgono su se stessi quasi a nascondere un segreto. Attratti da questa giungla ci avviciniamo rapidi e ansimanti, qualcosa di grande ci aspetta. Suoni di tamburi e trombe aleggiano nell’aria, e man mano che ci avviciniamo il frastuono si fa più incombente. Io e Giulia ci guardiamo ancora una volta negli occhi e corriamo verso quel caos primordiale. Una volta superata la barriera naturale degli alberi-custodi, uno spettacolo irresistibile ci si mostra davanti: una folla di corpi che si muovono ad un ritmo tribale.
La densità è massima, le persone in estasi, si balla, si canta, si volteggia nell’aria più pregna. Nessuno che ha sangue nelle vene può sottrarsi al richiamo di questa musica atavica. Perciò anche noi veniamo attratti e subito ci ritroviamo nella mischia, tra corpi che ondeggiano quasi a dar vita ad un flusso di energia. È l’anima del Brasile, è lo spirito del carnevale che incalza, sempre più inarrestabile. Manca poco più di un mese, ma il Paese si è già fermato, come incantato da un istinto irresistibile.
Questo è il Brasile, Terra del Carnevale e delle passioni più vere!
O fim duma viagem
è apenas o començo doutra.
E’ preciso recomeçar
a viagem.
Sempre.