ECUADOR E TURISMO SOLIDALE: TRA I SARAGURO DI NERO VESTITI

UN AIUTO CONCRETO ALLE COMUNITA’ INDIGENE

Vivere tra i Saraguro è stata un’esperienza interessante, accrescitiva, un’occasione unica che ci ha permesso di osservare da vicino il loro stile di vita, e di ammirarne i costumi tradizionali. Ma soprattutto, ci ha permesso di sostenere la loro economia e supportare il loro fermo impegno a resistere alla globalizzazione, e a voler rimanere vivi! Tutti noi viaggiatori dovremmo appoggiare la lotta delle popolazioni indigene, facendo Turismo Solidale o Comunitario, spendendo i nostri soldi nell’ambito delle comunità locali. Sono loro gli unici custodi della storia e della natura di questi territori !” 

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L’AMBIZIOSA SFIDA DEL TURISMO SOLIDALE

L’Ecuador è uno dei pochi paesi dell’America Latina ad aver conservato un’ampia originalità di etnie indigene, nonostante i tentativi invasivi dei conquistadores prima e del progresso dei tempi poi. Tra queste etnie, occupano un posto di rilievo i Saraguro, una popolazione di origine Inca e di lingua Quechua, che vive stanziale nel sud dell’Ecuador nei distretti di Loja e di Zamora Chinchipe.
Loro principali fonti di sostentamento sono l’agricoltura, l’allevamento ed il Turismo. In pratica la maggior parte delle famiglie della comunità locale, costituitesi in una cooperativa, sono solite ospitare nelle loro case viaggiatori stranieri, offrendo loro alloggio, piatti tradizionali, e coinvolgendoli nelle abituali attività di routine, come ad esempio la lavorazione della lana, del legno e dei campi.
Nei paragrafi che seguono, vi racconteremo la nostra esperienza nella comunità locale dei Saraguro, e dei due giorni trascorsi nella quiete totale di quei mondi rurali, nelle remote province meridionali dell’Ecuador.

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IL LUNGO VIAGGIO PRIMA DI GIUNGERE NEL PAESE DEI SARAGURO

Eravamo appena giunti a Loja, dopo una lunga traversata via terra tra i territori montagnosi e freddi al confine tra Peru ed Ecuador. Il viaggio ci aveva fiaccato non poco, e non sapevamo cosa aspettarci. Venivamo dalla regione amazzonica peruviana, da Iquitos prima, e da Yurimaguas poi, dopo oltre due mesi di navigazione lungo il Rio delle Amazzoni e suoi affluenti. Da lì, il modo più “diretto” per raggiungere l’Ecuador era attraversare il versante andino, passando  per i distretti di Las Piras (Jaen) e di San Ignacio per poi raggiungere così “el paso fronterizo” di La Balsa, ovvero la porta d’ingresso dell’Ecuador.
Le burocrazie doganali si rivelarono per noi una pura formalità, ma di strada ne avevamo ancora molta davanti, ed il nostro obbiettivo era di raggiungere Loja il prima possibile. Ma nonostante tutti i nostri sforzi, di mezzi pubblici da queste parti non ce ne sono molti, ed a volte è necessario anche ricorrere all’auto-stop. Arrivammo a Loja di notte, e dopo un paio di giorni di riposo forzato in città, eravamo già in cammino per raggiungere il Paese dei Saraguro, gli indios del sud di cui aveva parlato il grande fotografo Sebastiao Salgado.

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LA NOSTRA ESPERIENZA TRA I SARAGURO

Dopo che a Loja un rappresentante della giunta comunale ci aveva parlato dei Saraguro, e delle loro tradizioni, la cosa ci aveva incuriosito parecchio. In particolare avevamo voglia di far loro qualche bel ritratto, e di conoscere meglio i loro usi e costumi. La comunità indigena dei Saraguro è, infatti, facilmente identificabile dall’abbigliamento tradizionale. Nello specifico, gli uomini indossano pantaloncini, un poncho nero, un un cappello di feltro piatto a tesa larga e i capelli raccolti in un’unica treccia che scende lungo la schiena; Anche le donne portano i capelli in un’unica treccia, indossano il cappello tradizionale, uno scialle, una camicia plissettata detta anaco e sfoggiano collane di perline di vetro policrome.
In comune a Loja, ci avevano detto che sarebbe stato possibile entrare in contatto diretto con i Saraguro, dormendo, lavorando e mangiando con loro, in cambio di una quota in denaro (di solito molto ragionevole). Già da qualche anno le famiglie dei Saraguro si sono costituite in cooperative, per sfruttare così l’opportunità che il Turismo offre loro. Hanno capito che oltre all’agricoltura e all’allevamento, il Turismo avrebbe permesso loro di ampliare le entrate economiche, migliorando così la situazione già sin troppo precaria.

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Ma la cosa più importante è che aprendosi al Turismo Comunitario, i Saraguro non sono più costretti ad emigrare nelle grandi città o ancora peggio all’estero, e possono continuare a vivere serenamente nei territori dove sono nati.

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Come vi dicevamo, dal canto nostro, abbiamo accettato di buon grado questa soluzione, e nei due giorni trascorsi nella comunità abbiamo disquisito di varie tematiche, vivendo al loro ritmo di vita, scandito essenzialmente dalla luce solare. Abbiamo così appreso i loro segreti artigianali, provando a filare la lana, o modellare il legno, ma soprattutto abbiamo incontrato vari rappresentanti della comunità.

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Uno di loro, Segundo, ci accompagnato personalmente alla scoperta di paesaggi ameni, principalmente circondati da campi di mais e da ampie distese d’erba adibite a pascolo.

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Con Segundo, ci siamo addentrati nel cuore delle montagne per raggiungere un luogo sacro a tutta la comunità, il santuario de La Virgen de Agua Santa, che sorge lì dove molti decenni or sono la Vergine si manifestò. Il Santuario si trova in un canyon, protetto da una grande cascata, qui il fragore dell’acqua interrompe la quiete millenaria del paesaggio circostante.

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COME ARRIVARE

La città di Saraguro è facilmente raggiungibile da Loja, da cui dista 73 km, ben collegata con mezzi pubblici e privati, per lo meno fino a quando non fa notte. Potreste arrivarci anche da Cuenca o Quito, ma il centro più vicino è appunto Loja. Saraguro è un piccolo centro urbano, ma le comunità indigene vivono fuori, nelle zone rurali circostanti, per cui per capire come raggiungerle, vi conviene parlare con qualcuno che vive in paese, la gente del posto sa sempre tutto, e con i giusti modi è sempre disposta ad aiutarvi. Noi facciamo sempre così, e di solito ci va sempre bene!

 

 

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