Una storia complessa, un Mondo sempre più inquieto
E’ questo un periodo storico in cui si fa un gran parlare di viaggio e, soprattutto, di migrazioni, quest’ultime intese come movimenti migratori coatti di interi popoli, che inevitabilmente finiscono per stravolgere l’ordine sociale e la serenità di noi individui, laddove, beninteso, ci sentiamo parte di una comunità.
Ciò che prevale è quindi un sentimento di paura nei confronti del “popolo dei migranti”, tuttora non ben identificato.
Chi sono? Da dove vengono? E, soprattutto, che vengono a fare qui? La risposta sembra scontata, ma, purtroppo, non lo è. Non è infatti chiaro, agli occhi della gran parte di noi, perchè tutto ciò stia avvenendo.
Scatta quindi lo sgomento e l’istinto di protezione personale e dei nostri cari: “Non saranno mica barbari invasori, che a capo di orde fameliche, decidono di invadere la nostra quiete secolare di Europei?”
La conseguenza è un’inevitabile intolleranza nei confronti dei nuovi venuti, considerati spesso veri e propri intrusi, le cui abitudini violente e primitive sono date per scontato. Siamo di fronte a mostri, spacciatori o stupratori? Si salvi chi può!!
Eppure, dovremmo sapere che, i movimenti migratori implicano l’abbandono del proprio territorio, dove di solito si è nati e cresciuti, per andare alla ricerca di un altro spazio geografico e possibilmente sociale, dove poter ricostruire le proprie abitudini e routine, per avere una chance di sopravvivenza a guerre e conflitti vari.
La missione di questa gente, che non certo si sposta per piacere, appare assai più ardua, se consideriamo che i territori (o meglio paesi) ambìti sono già tutti abbondantemente occupati. Il vecchio ordine sociale si scontra quindi con i nuovi venuti, provocando uno sciame sismico, il cui urto apre quasi ovunque una voragine in un tessuto sociale già ben consolidato.
“Urge allora un’analisi ben accurata, che favorisca la comprensione, e quindi la tolleranza.”
Migranti o viaggiatori?
Spesso i migranti sono scambiati per viaggiatori, o per avventurieri che, curiosi di esplorare nuovi territori, e conoscere nuove genti, lasciano il proprio paese per andare altrove.
Ma chi, per quanto inquieto sia, lascerebbe per sempre la propria terra, in nome di un desiderio di scoperta e conoscenza? Probabilmente alcuni di noi lo farebbero anche, ma solo previa possibilità di scelta. Ovvero, vorremmo essere noi ad avere un’ultima parola sul nosro destino.
Invece, questa gente non può scegliere, bensì è costretta a lasciare la propria casa, la propria terra, la propria patria per darsi un’ultima disperata opportunità. E’ la vita che glielo chiede.
Perchè a differenza di noi viaggiatori, che ci spostiamo animati dalla voglia di metterci in discussione e di aprirci nuove strade, perchè magari insoddisfatti dal nostro stile di vita, i migranti sono costretti ad una fuga coatta.
Non è prevista, per loro, la possibilità di scelta.
Chi è abituato a viaggiare in maniera indipendente entra di solito e più facilmente in contatto con zone critiche, o con persone ai margini della catena sociale.
“Il viaggio purtroppo svela agli occhi del viaggiatore occidentale, la povertà e la difficoltà di cui è intriso il Mondo “non occidentale”.
Per quanto bello ed esotico possa sembrare, quel mondo e quindi quella gente, ci sta chiedendo aiuto.
Il Viaggio ci offre quindi una splendida occasione di interpretazione e comprensione dei mondi altri. Ma ad una condizione, doverosa: la necessità di analisi. Solo allora potremmo tornare “in società” e far valere la nostra parola di viaggiatori, aiutando chi per pigrizia o impossibilità, non viaggia, o meglio non si muove.
Un esempio su tutti: “gli europei” del Brasile del sud
Ricordo molto bene quando, in occasione di un viaggio in Brasile, sono passato per gli Stati del sud, Rio Grande do Sul, Santa Catarina per intenderci. Quei territori che oggi sono a netta prevalenza europea, quale conseguenza di un complesso processo migratorio risalente alla fine dell’800. Ovvero in quel tempo, l’Europa non se la passava troppo bene e i nostri avi, che vivevano in condizioni economiche e sociali molto precarie, furono costretti a fuggire, per riservarsi un’ultima opportunità di sopravvivenza. Trovarono però un territorio aspro, difficile da modellare. Era tutta foresta. Oggi quei territori, gestiti da europei di terza/quarta generazione, e quindi ormai totalmente brasiliani, producono enormi ricchezze, e sorreggono parte del P.I.L. del paese.
Eppure quella gente, al loro arrivo, visse ai margini della società, ai confini della disperazione, senza però arrendersi, riuscendo con la forza di volontà e con l’orgoglio a rialzarsi e a raggiungere persino posizioni dirigenziali. E’ una storia simile a moltre altre storie, in altre parti del mondo, è la storia della necessità, da parte dell’uomo, di aggrapparsi ad un’ultima disperata necessità, per continuare a vivere. In altre parole è la storia dell’evoluzione della specie umana (e non solo).
L’importanza del saper viaggiare
Perciò se ci fermassimo un attimo a riflettere, e ad analizzare il momento storico attuale, ci accorgeremmo che la situazione non è poi così diversa dal passato. Purtroppo di crisi e stravolgimenti sociali sempre ce ne saranno, l’importante, però, è saper riconoscere questi fenomeni e non giudicarli sulla base di stupide paure, o ancor peggio del sentito dire. Ed in questo, viaggiare aiuta, perchè cambia le prospettive, la capacità di abitare il Mondo e di andare al di là dei confini e, quindi, dei pregiudizi.
Perciò non possiamo concludere senza chiamare in scena un grande viaggiatore arabo dl XIV secolo, forse uno dei più grandi, tale Ibn Battuta, che viaggiò dall’Africa a tutto il Medio Oriente con l’obbiettivo principale di conoscere le varie genti. “Chi non viaggia non conosce il valore degli uomini”, dice Battuta, e come dargli torto?
Foto di Giulia Magg
Testo di Rocco Sur