“Dominava sull’Isola, custodiva il germe della vita…”
Una volta un poeta locale definì Ometepe uno smeraldo lucente nel cuore del Lago Nicaragua.
Quel poeta, anonimo per il mondo, ma un vate per la piccola comunità di Alta Gracia, ha dedicato tutta la vita a studiare e divulgare la millenaria cultura della sua isola, un’isola diversa da tutte le altre, che a volte persino scompare, rapita da nebbie avvolgenti e mitologiche. Si dice che quelle nebbie siano i pensieri dei suoi guardiani protettori, gli Dei grandiosi come il Guerriero-Aquila, che preservano l’Isola dalle minacce dei tempi e degli uomini.
Ometepe è un’isola lacustre, e spunta dalle acque dolci e spesso tormentate del Lago Nicaragua.
La sua superficie così rigogliosa primeggia quale opera inarrivabile di Madre Natura. I suoi occhi, sono i crateri di due grandi vulcani, il Concepcion, perennemente fumante, ed il Madera, oggi serena laguna cerulea.
Oscura come la sua origine
La terra di Ometepe è oscura, come la sua origine! Nera come il basalto.
In un tempo di grandi sconvolgimenti tellurici, la Terra si inquietò e creò i due vulcani che oggi fanno dell’isola una riserva naturale di inestimabile valore. Non a caso è stata nominata Riserva della Biosfera, ovvero luogo dove la vita costantemente si rinnova.
I suoi due vulcani, venendo alla luce, diedero forma all’isola, una forma particolare, quella di un otto, o come credono alcuni, del nastro di Moebius, simbolo dell’infinito!
L’uomo abita queste dimensioni da oltre diecimila anni. Gli aborigeni giunsero dalla terra ferma, navigando, e qui, una volta percepitane l’energia e la generosità, decisero di fermarsi. E non furono i soli. Su quest’isola, per questo leggendaria, passarono Olmechi, Toltechi, Maya, Aztechi e Tiwanaco. Vi giunsero da tutti e quattro gli angoli del continente americano, consapevoli della ricchezza di quest’isola.
L’Isola dei due Vulcani
Ometepe, l’isola dei due vulcani, guardiani incantatori, fulcro del grande Lago Nicaragua e punto di convergenza di culture e persino di oceani. Le sue sponde rappresentavano un sollievo per chiunque dovesse passare dal Pacifico all’Atlantico, o viceversa. Gli infiniti canali fluviali del lato caraibico nicaraguense facevano il resto, collegando e forse unendo non solo due mari, ma soprattutto due mondi.
Perciò l’idea di realizzare un canale interoceanico è un proposito vecchio quasi quanto l’uomo. Il lago Nicaragua ha sempre occupato una posizione strategica per gli equilibri commerciali di molti popoli e l’Isola di Ometepe è sempre stata un avamposto troppo prezioso. I Corsari inglesi lo sapevano bene, e tentarono in tutti i modi di conquistare l’isola, ma per fortuna senza esiti, anche se le loro offensive spinsero le popolazioni locali a ritirarsi nel cuore della selva o il più vicino possibile alle pendici dei vulcani.
Una religione antica come il mondo
I segni di una religione ancestrale sono ancora visibili nei petroglifi rintracciati nel cuore dell’isola, e negli sguardi duri e minacciosi dei totem di pietra lavica rinvenuti in vari momenti in varie parti dell’isola. Sono loro i guardiani di Ometepe.
Si tramanda di popolazioni antichissime che praticavano riti sacrificali per propiziarsi le forze della natura. Per invocare la pioggia e dare nuova linfa ai raccolti, i sacerdoti erano disposti a sacrificare i loro figli. Le vittime erano spesso giovani fanciulle, emblema della purezza e della verginità. Canti e balli tribali accompagnavano l’invocazione dello sciamano, tamburi e percussioni invocavano Xipetotec, Dio dei non-nati o Xilonem, dea del mais, o Tlalco, Dio poderoso della Terra.
I due Vulcani erano luoghi sacri. Gli aborigeni avevano capito che la fertilità di quelle pendici dava la vita a tutta l’isola, la stessa vita che avrebbero difeso ad ogni costo, quale dono incomparabile dei loro Dei.
Nessuno, perciò, riuscì veramente ad impadronirsi di Ometepe. Quest’isola, lucente smeraldo acceso, era sorella della luna e dono del Sole.
In pochi altri luoghi su questa Terra, come ben sapevano gli Aborigeni, si conserva il segreto della Vita.
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