CAMBOGIA: LA NOSTRA ESPERIENZA NEL VILLAGGIO TRIBALE DI PUTANG

I SEGRETI DI PUTANG

In Cambogia, nella remota provincia orientale di Mondulkiri, vicino alla città di Sem Monorom, ai confini con il Vietnam, si trova il remoto villaggio di Putang. Qui abbiamo incontrato un tesoro: la sua gente, così povera, ma così ricca.

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Siamo stati accolti come re e abbiamo respirato dolcezza e semplicità, quella semplicità propria di chi non giudica a priori, ma semplicemente osserva. E così ci siamo ritrovati nel bel mezzo di un matrimonio tradizionale, i cui riti ancestrali ci hanno molto incuriosito, nonostante la loro manifestazione cruenta. Non è stato per nulla semplice, infatti, accettare tutto quel sangue e tutti quei corpi mutilati. Allo stesso tempo, però, è stato emozionante vedere gli anziani del villaggio, evocare gli spiriti della giungla alla presenza della comunità in festa. Tutti insieme ad esultare in nome di una gioia condivisa, là dove il sangue dei bufali sacrificati scorreva copioso per sancire l’unione dei novelli sposi.

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Un’esperienza incredibile, particolarmente intensa, quella a cui abbiamo assistito nel remoto villaggio di Putang, quali increduli testimoni di rituali ancestrali, probabilmente vecchi più del tempo.

“Nel villaggio di Putang, in occasione di particolari eventi collettivi, si pratica ancora l’Ecatombe, il sacrificio rituale del bufalo, che evidenzia un legame imprenscindibile tra questa gente e la loro Madre Terra. Il sangue dei bufali, attraverso il loro sacrificio, bagna la terra già rossa e ferrosa, e allevia la sete degli spiriti naturali, che a loro volta si occuperanno di assicurare l’abbondanza a tutto il villaggio. Sono queste società animiste, e in ogni elemento della natura riconoscono uno Spirito, che in maniera impropria potremmo identificare con la divinità.”

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ALLA SCOPERTA DELLE REMOTE PROVINCIE ORIENTALI DELLA CAMBOGIA

In queste remote terre della Cambogia, ai confini con il Vietnam, specie nei villaggi rurali, come quello di Putang, resistono ancora tradizioni ancestrali e tribali, la popolazione locale, che vive in zone isolate ai margini della giungla, si dedica principalmente alla coltivazione del riso e all’allevamento dei bufali, entrambi simboli di vita e prosperità. In queste terre, si vive ancora in modo semplice e tradizionale, secondo i ritmi naturali della luce del sole e delle stagioni. Ritrovarsi in uno di questi villaggi è come fare un salto nel tempo, un tuffo in un passato statico e magico, dove hanno ancora valore i simboli, i tabù, i rituali collettivi, di evidente matrice sciamanica.
Non abbiamo effettuato studi approfonditi in occasione del nostro passaggio in queste terre, ma siamo sicuri che si tratti di società tribali, regolate da credenze e tradizioni orali, dove gli anziani hanno un ruolo ancora centrale nella comunità, a giudicare dalla maniera in cui la cerimonia, cui in parte abbiamo assistito, è stata portata avanti.

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Vi raccontiamo quanto abbiamo visto e fatto, giacché anche noi siamo stati invitati a prendere parte alle celebrazioni:

“La carne del bufalo sacrificato, insieme alle sue interiora, viene passata sul fuoco e consumata in cerchio davanti ad offerte di carattere naturale (tuberi, riso e verdure), alla presenza di copiose e agitate libagioni a base di una specie di distillato di riso, che i locali chiamano in gergo “vino di riso”. Nel frattempo, tutti, sia uomini che donne, fumano sigari di manifattura locale, bevono, ridono e scherzano, abbandonandosi ad uno stato di euforia generale piuttosto contagiosa. Probailmente il fumo e l’alcol, che sono degli induttori, servono per astrarsi dalla realtà ed entrare in una dimensione sensoriale amplificata. Tra gli elementi più celebrati, c’è anche il riso, considerato la principale fonte di sostentamento di questi villaggi.”

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Ci teniamo a precisare che ci siamo ritrovati nel villaggio di Putang per caso, semplicemente chiedendo informazioni alla gente del posto, e che per arrivare sin qui non è stato affatto semplice. In queste province dell’est, così remote e praticamente escluse dal flusso turistico che coinvolge Siem Riep, Angkor, e Phnom Penh. non è facile comunicare, in pochi parlano inglese, eppure è proprio in queste condizioni che si presentano gli spunti più incredibili.
Il nostro viaggio in Cambogia si è evoluto sulla scia dell’istinto e dell’improvvisazione,  seguendo un solo richiamo, quello dell’avventura! A tratti siamo stati ripagati, a tratti no, ma ciò che conta veramente è provarci, tentare per lo meno ad andare controcorrente, perchè la verità è che se avessimo dovuto dare ascolto alle voci, alle raccomandazioni e ai consigli altrui, da queste parti non ci saremmo mai giunti!

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